Anticipato nei mesi scorsi dai singoli Televendite di quadri, Vietnam e Persone di vetro per i quali testate come Rolling Stone e Rockit hanno parlato dei Post Nebbia come band da tenere d’occhio nel 2020, esce il 23 ottobre per Dischi Sotterranei/La Tempesta Canale Paesaggi, secondo album della band padovana nata dalle esplorazioni di home recording di Carlo Corbellini, classe 1999. Il nuovo album esce a poco più di due anni dal disco d’esordio auto-prodotto Prima stagione.
Canale Paesaggi è un concept album che esplora l’esperienza emotiva e sensoriale dello spettatore televisivo (e non solo), prendendo ispirazione dal flusso commerciale della televisione regionale, da alcuni scritti di David Foster Wallace e dalla nuova comicità americana dell’assurdo (Eric Andre, Tim & Eric).
Bassi funkettoni, ritmi ipnotici, tastierine acide, fulminei accenni di virate jazz: un pop psichedelico di rara eleganza compositiva, sicuramente influenzato dallo stile internazionale di gente come Tame Impala, Arctic Monkeys e MGMT ma che affonda le radici in quel territorio fra new wave e art rock di fine anni ’70/inizi ’80 di gruppi indimenticabili come i Devo. A tutto questo si aggiungono un groove e alcune scelte melodiche di chiara derivazione black, con ispirazioni che vanno dai Thundercat a J Dilla, passando per Madlib.
Canale paesaggi è come gli occhiali di John Nada in They live (1988) di John Carpenter, un filtro che ci mette di fronte all’evidenza di una realtà ormai sopraffatta dalla rappresentazione, occultata dalla finzione mediatica, disintegrata dal nuovo mondo sintetico eretto dal capitalismo trionfante, in cui la reificazione dell’individuo è ormai completamente assimilata sia dall’individuo stesso che dalla collettività. È il flusso di Blob, è la colonna sonora della Società dello Spettacolo di Guy Debord, è la radiografia dell’esito drammatico di un conflitto che accompagna la storia del pensiero umano, quello fra realtà e rappresentazione.
Nel caso ci fossimo dimenticati di ciò che hanno provato a dirci gente come David Cronenberg, George Orwell o Philip K. Dick, ci pensa questo gruppo di ventenni a ricordarcelo. E lo fa molto bene.